Si fermò, stupefatto per l’assenza assoluta di fatica, accanto a un torrentello che scorreva lambendo un grande masso, caduto dall’altura soprastante chissà quanto tempo prima e sul quale una quercia imponente aveva messo radici. Lo osservò con attenzione, giocando con l’effetto microscopio, poi si spinse più a fondo, fino al reticolo atomico e ancora oltre, fino alla nuvola elettronica intorno ai minuscoli nuclei e poi dentro i nuclei stessi ribollenti di attività.
Ormai non coglieva più solo l’aspetto esterno del masso, né solamente le probabilità vibranti che lo formavano. In qualche modo avvertiva entrambi gli aspetti, energia e materia. Comprendeva la funzione d’onda del masso e come tutte le sue parti interagissero continuamente fra di loro e con l’esterno, nebbia e roccia allo stesso tempo.
Provò a spingersi ancora più in là, raggiungendo il livello della schiuma quantistica, e intuì che le tre dimensioni spaziali non erano più sufficienti a spiegare ciò che percepiva. Un qualcosa di indefinito ribolliva nella sua mente, ma a un certo punto non comprese più nulla e come tutte le altre volte si risvegliò nel suo letto, sconvolto e sudato.
Era il Carlo di sempre.