Il chiasso improvviso la mise in allarme. Un branco di pischelli attraversò il vagone ridendo e vociando, accompagnati da un sottofondo musicale crack-metal ad alto volume. Portavano tutti al polso destro un braccialetto olografico che sparava in giro il nome della banda in lettere multicolori: I Tigrotti.
Francesca li osservò a metà tra apprensione e divertimento.“Ingegnosi” pensò ricordando un articolo letto due giorni prima, “o per lo meno qualcuno di loro lo è sicuramente, visto quello che sono riusciti a combinare.”
I membri della banda, tutti fra i nove e i quindici anni, le passarono accanto scherzando fra loro e perlopiù ignorandola. Due o tre fra i più grandi la squadrarono per qualche secondo con atteggiamento macho ma lei fece finta di nulla.
Richiamò l’articolo sul suo PMD. Erano proprio loro. Avevano tramutato il loro hobby preferito, mandare in tilt i sistemi di sicurezza, in un caso nazionale, creando e utilizzando una mini-bomba a impulso elettromagnetico che aveva messo fuori uso la stazione metro di Certosa per due giorni.
Erano seguite le solite polemiche fra chi pretendeva un loro arresto in massa e chi invece li giustificava in nome di una società che li rifiutava… eccetera, eccetera. Fortunatamente nessuno si era fatto male, ma in realtà il problema era un altro: come diavolo c’erano riusciti? Un effetto EMP non si ottiene così facilmente.
L’ultimo tigrotto si accorse che stava leggendo qualcosa su di loro e la osservò con maggiore attenzione. Avrà avuto dodici o tredici anni, capelli biondi, un’aria più matura della sua età apparente. Rallentò un poco lasciando che gli altri lo precedessero.
“Sei stato tu?” Fu la domanda muta di Francesca.
“Sono stato io!” La risposta passò nel suo sguardo fiero, le strizzò l’occhio e se ne andò.
Francesca sorrise un po’ stupita, poi si accorse che il visore integrato nella manica destra della giacca le stava segnalando la sua fermata.