(…)
Mare.
Tuffarsi nell’acqua tersa come cristallo, nuotare velocissimi qualche metro sotto, dove i raggi di luce sembrano danzare nello spazio di una cattedrale senza fine e senza fondo. Trattenere il respiro per cinque, dieci minuti, guizzando come lampi fra i grandi branchi di tonni.
Mare.
Saltare fuori dalla superficie spaventando i gabbiani, giocare a rincorrere le onde gareggiando in velocità con le creste sospinte dal vento di ponente. Slanciarsi in alto come siluri, girare su se stessi, arrotolarsi, immergersi nuovamente senza alzare schizzi, creare esplosioni sottomarine di bolle con accelerazioni improvvise.
Mare.
Sfrecciare curiosi tra le barriere coralline, esplorare impavidi gli antri più misteriosi, sfidare i grandi, stupidi squali e inseguire le barche a vela, sperando in qualche leccornia o semplicemente per ficcanasare.
Amare, giocare, sentirsi parte del branco.
Mai morire, mai.