Slider degli assaggi
“Una faglia dormiente nella crosta continentale subì una pressione repentina e si agitò, come un’enorme bestia che si risveglia dopo un lungo sonno e scuote le spalle […]
Si fermò, stupefatto per l’assenza assoluta di fatica, accanto a un torrentello che scorreva lambendo un grande masso, caduto dall’altura soprastante chissà quanto tempo prima […]
(…) Il Muto aveva quel modo di guardarti fisso, intenso, che sembra scavarti nell’anima ma con gentilezza, come il bisturi del chirurgo che vuole salvarti la vita […]
(…) Gli prendeva un certo imbarazzo, a Matteo, rendendosi conto che col Muto riusciva a sfogarsi, a tirar fuori le sue magagne personali (…)
I minuscoli movimenti, tanto rapidi quanto impercettibili, trasmettevano le informazioni all’interno della colonia dei costruttori […]
Il chiasso improvviso la mise in allarme. Un branco di pischelli attraversò il vagone ridendo e vociando, accompagnati da un sottofondo musicale crack-metal ad alto volume. […]
Improvvisamente un’altra monoruota si affiancò alla loro. – E questo chi è? Il pilota, il cui volto era nascosto da un casco integrale […]
Quando l’Ente iniziò a computare, in alcune sue particolari funzioni, la strategia migliore per raggiungere lo scopo prefissato, ne risultò che avrebbe dovuto muoversi con estrema circospezione. […]
(…) L’isola pareva allo stesso tempo elegante e non finita, come una scultura ancora in fase di creazione nello studio di un artista. […]
Era stata una buona giornata. Il branco stava tornando dal lungo giro nei territori di caccia, a nord-ovest dell’Isola di Capraia per poi puntare verso la Gorgona. […]
Protocollo di sicurezza per i Circuiti Nanoquasici – Versione 1.22 – A cura del Coordinamento Generale per le Ricerche di Frontiera – Oslo, 14 dicembre 2075 […]
(…) La terrazza era stata ottenuta tagliando via una grande parte del tetto dall’edificio principale ed era disposta su più livelli, in modo da permettere una visione a trecentosessanta gradi della volta celeste. […]
(…) Avrebbe potuto usare la sintesi vocale, il Muto, ma preferiva quello strano insieme di gesti, segni ideografici e disegni proiettati sulla retina dell’interlocutore […]
La stanza era apparentemente vuota. La luce e la disposizione geometrica delle pareti giocavano strani scherzi e parevano mutare angolazione e forma a seconda del punto di osservazione. […]
Il Massimo Comandante del Guojia Anquan Bu sorrise ironico, osservando allo specchio le numerose medaglie appuntate sulla sua giacca. Piccolo di statura e dai tratti squisitamente orientali, appariva molto anziano. […]
(…) Tacquero per diversi minuti, complice l’arrivo del tè. Fu servito da una coppia di anziani cinesi, con il cerimoniale GongFu Cha, come da disposizione del procuratore. […]
(…) Napoleone Bonaparte sedeva nella sua tenda da campo, cupo, in attesa del ritorno dei soldati inviati in perlustrazione. Non era riuscito a chiudere occhio, anche per il dolore sordo allo stomaco, tanto accentuatosi negli ultimi giorni. […]
(…) La ragazza danzava nel bosco, entrando e uscendo dai giochi di luci e ombre che il sole, alto nel cielo, creava fra i rami primaverili. Il cavaliere, nascosto dietro un grande cespuglio di mirto, la fissava tremando per la tensione. […]
(…) Mare.Tuffarsi nell’acqua tersa come cristallo, nuotare velocissimi qualche metro sotto, dove i raggi di luce sembrano danzare nello spazio di una cattedrale senza fine e senza fondo. […]
La villa, isolata al centro di un ampio podere, in parte coltivato a lino e cicoria e in parte coperto da un bosco di querce e olmi secolari, fondeva l’architettura rurale tradizionale con le ultime soluzioni tecnologiche per l’efficienza energetica e la difesa dai tornado, che negli ultimi decenni avevano spazzato l’Europa centrale con sempre maggiore frequenza.
Carlo osservò il cielo e le nuvole che, spinte da un vento insolitamente vispo per quella stagione, si arrotolavano e s’incirrivano intorno alle parti più alte del grattacielo. (…)
(…) Il contatto con quel corpo delicato, morbido e sinuoso ebbe un effetto calmante su Matteo, che ricambiò l’abbraccio con una tenerezza che non gli era affatto abituale. (…)
Ma colui che arriva al principato col favore popolare, si trova a governare da solo, e intorno a sé non ha nessuno, o pochissimi, che non siano pronti a ubbidire. Oltretutto, non si può onorevolmente e senza danneggiare altri accontentare i potenti, ma si può soddisfare il popolo: (…)
Carlo faticava a prendere sonno.
Giaceva sul letto, supino, osservando la Via Lattea che ruotava lentamente sul soffitto e ascoltando in sottofondo l’adagio da ‘L’Autunno’ di Vivaldi. Ma neppure una combinazione così intensamente distensiva riusciva a rasserenarlo. (…)
Nonostante il blando calmante che Carlo, dopo non poche insistenze, era riuscito a farle assumere, la tensione in lei era ancora troppo alta per permetterle anche solo di pensare di andare a letto.
– Ci siamo quasi. – Oltre a gestire la sua trappola, Jin era uno degli incaricati che avrebbero seguito la procedura, pronti a intervenire in caso di problemi. Due operazioni una più complessa dell’altra, il tutto in un ambiente pieno di colleghi esperti, giornalisti scientifici selezionati, sistemi di controllo e Dronicam.
L’Ente giaceva placido e sonnolento, non avendo alcun nemico naturale né alcun organismo in grado di concorrere nella Sua nicchia ecologica. Poteva quindi permettersi di oziare, lasciando che le Sue innumerevoli propaggini, i Suoi pseudopodi, le Sue connessioni verso l’esterno e all’interno di Se stesso provvedessero autonomamente ai bisogni primari (…)
Si alzò e si avvicinò alla lavagna interattiva, cancellandone la superficie con un gesto della mano, quindi si voltò verso gli altri. – L’idea di partenza è estremamente semplice. Si basa sul principio della conoscenza reciproca.
Tutto accadeva in femtosecondi, lampi di pseudo.concetti espressi in proto.linguaggi si intrecciavano in strutture di sublime complessità.
Perché gli assaggi?
Da quando in qua uno scrittore si comporta come un ristorante o come un servizio catering? Da sempre direi.
Cosa succede, dopotutto, durante una presentazione letteraria? Che alcuni passi del libro presentato vengono letti da chi lo ha scritto, o da persone amiche, oppure attori / attrici se c’è budget. In genere sono le parti meno noiose e retoriche di tali presentazioni, un po’ come i rari momenti realmente emozionanti durante un matrimonio.
Ecco perché ho pensato di creare man mano gli “assaggi”: brevi citazioni significative da ogni libro, sperando che lettrici e lettori potenziali ne vengano incuriositi, stimolati, magari ingolositi. E ve li presento in tre modi diversi, perché è sempre “Melius abundare quam deficere”: come slider qui sopra: facendo clic su “Leggi di più” si finisce sul relativo articolo dedicato, dove troverete la citazione completa, una o più immagini e in qualche caso altri contenuti multimediali (musica, video). Come portfolio dopo questa presentazione: il clic sull’immagine ha lo stesso effetto del pulsante “leggi di più”.
E infine come testi, stavolta completi, in fondo a questa pagina (per chi preferisce scorrere invece di cliccare).
Portfolio degli assaggi
L’Ente Comunicante
Galassia Relazionale
L’Ente Esistente
Errore
Francesca
Scegliere
De Principatibus
Matteo e Bea
Prologo
L’albero
Le case cantanti
Mare
Tentazione
Decisione
L’antica saggezza
Zhi Yao
Camera quantistica
Ricorsività
Temporali lontani
Protocollo
Salta-in-alto
L’isola
L’Ente Agente
Inseguimento
I Tigrotti
Nanobot
Spulciato
Il Muto
Il sogno
La faglia
Gli assaggi completi (per i navigatori più pigri)
Assaggi da La 1° Colonia:
1) La Faglia
(…) Una faglia dormiente nella crosta continentale subì una pressione repentina e si agitò, come un’enorme bestia che si risveglia dopo un lungo sonno e scuote le spalle. Il fondo marino si rialzò con violenza lungo una linea frastagliata lunga tredici chilometri, creando uno scalino di tre metri d’altezza e spingendo verso l’alto una massa di alcune centinaia di milioni di tonnellate d’acqua marina. (…)
Capitolo 0 scena 3: L’onda
Assaggi da La 1° Colonia:
2) Il Sogno
(…) Si fermò, stupefatto per l’assenza assoluta di fatica, accanto a un torrentello che scorreva lambendo un grande masso, caduto dall’altura soprastante chissà quanto tempo prima e sul quale una quercia imponente aveva messo radici. Lo osservò con attenzione, giocando con l’effetto microscopio, poi si spinse più a fondo, fino al reticolo atomico e ancora oltre, fino alla nuvola elettronica intorno ai minuscoli nuclei e poi dentro i nuclei stessi ribollenti di attività.
Ormai non coglieva più solo l’aspetto esterno del masso, né solamente le probabilità vibranti che lo formavano. In qualche modo avvertiva entrambi gli aspetti, energia e materia. Comprendeva la funzione d’onda del masso e come tutte le sue parti interagissero continuamente fra di loro e con l’esterno, nebbia e roccia allo stesso tempo.
Provò a spingersi ancora più in là, raggiungendo il livello della schiuma quantistica, e intuì che le tre dimensioni spaziali non erano più sufficienti a spiegare ciò che percepiva. Un qualcosa di indefinito ribolliva nella sua mente, ma a un certo punto non comprese più nulla e come tutte le altre volte si risvegliò nel suo letto, sconvolto e sudato.
Era il Carlo di sempre.
Capitolo 0 scena 5: Il sogno di Carlo
Assaggi da La 1° Colonia:
3) Il Muto
(…) Il Muto aveva quel modo di guardarti fisso, intenso, che sembra scavarti nell’anima ma con gentilezza, come il bisturi del chirurgo che vuole salvarti la vita, con quei suoi occhi azzurri, privi di qualunque traccia di calcolo, valutazione, giudizio, lo sguardo sincero di un bimbo invecchiato anzitempo che beve il mondo e tu, insieme al mondo, ti perdi in quello sguardo che senza malizia ti mette a nudo. (…)
Capitolo 2 scena 3: Il Muto
Assaggi da La 1° Colonia:
4) Spulciato
(…) Gli prendeva un certo imbarazzo, a Matteo, rendendosi conto che col Muto riusciva a sfogarsi, a tirar fuori le sue magagne personali, molto più che con Bea o con chiunque altro. Il Muto stava al gioco, non lo incoraggiava ma neppure appariva disprezzarlo. Era come trovarsi davanti a uno specchio che assorbiva in qualche modo i casini che Matteo si portava dentro, così quando usciva dalla piccola bottega si sentiva come un cane appena lavato: la coda sotto il culo per la strizza, ma allo stesso tempo sollevato, spulciato e profumato. (…)
Capitolo 2 Scena 3: Il Muto
Assaggi da La 1° Colonia:
5) Nanobot
Piccole figure su uno sfondo nebuloso.
I minuscoli movimenti, tanto rapidi quanto impercettibili, trasmettevano le informazioni all’interno della colonia dei costruttori, formata da ottanta milioni di unità, con uno scarto di circa diecimila che mutava da positivo a negativo. Poco lontano, o vicinissimo a seconda del punto di vista, si trovava il gruppo pensante.
Dieci volte meno numeroso, elaborava i dati provenienti dagli esploratori e li confrontava con quanto percepito dalla colonia dei recettori, che analizzavano continuamente i segnali provenienti dallo spazio esterno.
Il momento era ormai prossimo.
I costruttori stavano ultimando la Prima Arca.
Il sottogruppo di analisi delle variabilità computabili concluse le sue attività e trasmise i risultati agli anelli superiori, dove fu elaborata una nuova strategia.
Altri ordini vennero trasmessi alla colonia dei costruttori, dalla quale si separò un gruppo pari a un ottavo del totale che, per circa novantamila cicli, si dedicò unicamente all’attività di autoriproduzione. Una volta che la nuova colonia ebbe raggiunto la popolazione della comunità di origine, iniziò a costruire la Seconda Arca.
La procedura fu ripetuta sessantaquattro volte. A tutti i metagruppi vennero affidati i codici, le sostanze prime, le sequenze ricorsive e l’ordine di applicazione delle stesse. Poco prima del Grande Esodo, terminato il loro ciclo utile, tutte le colonie si autodistrussero.
Capitolo 7 scena 4: Nanobot
Assaggi da La 1° Colonia:
6) I Tigrotti
Il chiasso improvviso la mise in allarme. Un branco di pischelli attraversò il vagone ridendo e vociando, accompagnati da un sottofondo musicale crack-metal ad alto volume. Portavano tutti al polso destro un braccialetto olografico che sparava in giro il nome della banda in lettere multicolori: I Tigrotti.
Francesca li osservò a metà tra apprensione e divertimento.“Ingegnosi” pensò ricordando un articolo letto due giorni prima, “o per lo meno qualcuno di loro lo è sicuramente, visto quello che sono riusciti a combinare.”
I membri della banda, tutti fra i nove e i quindici anni, le passarono accanto scherzando fra loro e perlopiù ignorandola. Due o tre fra i più grandi la squadrarono per qualche secondo con atteggiamento macho ma lei fece finta di nulla.
Richiamò l’articolo sul suo PMD. Erano proprio loro. Avevano tramutato il loro hobby preferito, mandare in tilt i sistemi di sicurezza, in un caso nazionale, creando e utilizzando una mini-bomba a impulso elettromagnetico che aveva messo fuori uso la stazione metro di Certosa per due giorni.
Erano seguite le solite polemiche fra chi pretendeva un loro arresto in massa e chi invece li giustificava in nome di una società che li rifiutava… eccetera, eccetera. Fortunatamente nessuno si era fatto male, ma in realtà il problema era un altro: come diavolo c’erano riusciti? Un effetto EMP non si ottiene così facilmente.
L’ultimo tigrotto si accorse che stava leggendo qualcosa su di loro e la osservò con maggiore attenzione. Avrà avuto dodici o tredici anni, capelli biondi, un’aria più matura della sua età apparente. Rallentò un poco lasciando che gli altri lo precedessero.
“Sei stato tu?” Fu la domanda muta di Francesca.
“Sono stato io!” La risposta passò nel suo sguardo fiero, le strizzò l’occhio e se ne andò.
Francesca sorrise un po’ stupita, poi si accorse che il visore integrato nella manica destra della giacca le stava segnalando la sua fermata.
Capitolo 3 scena 1: In viaggio
Assaggi da La 1° Colonia:
7) Inseguimento
(…) Improvvisamente un’altra monoruota si affiancò alla loro. – E questo chi è?
Il pilota, il cui volto era nascosto da un casco integrale, fece dei segnali con il braccio indicando loro di spostarsi il più possibile a destra.
– Che ne so! Ma credo sia dalla nostra parte. – Rispose Francesca, seguendo il suggerimento.
La seconda monoruota rallentò e, curvando in un grande cerchio, sembrò perdere qualcosa sul terreno, creando una linea trasversale di colore rossastro, quindi accelerò nuovamente per raggiungerli. Appena i mezzi degli inseguitori raggiunsero la linea persero il controllo.
Due auto si scontrarono fra di loro e capitombolarono entrambe oltre il parapetto del dock, travolgendo anche una delle moto il cui pilota fece un volo di almeno cinquanta metri per rimanere poi, immobile, a terra, mentre una seconda moto veniva investita dal suo mezzo impazzito. L’auto rimasta ebbe un’accelerazione improvvisa che le permise di avvicinarsi alla monoruota dello sconosciuto.
Quando sembrava che stesse per investirlo, questi frenò di colpo, quindi accelerò passando radente la fiancata sinistra. Ci fu un lampo e la parte inferiore e superiore dell’automobile si divisero di netto, come se un’enorme, affilatissima lama l’avesse sezionata in orizzontale, appena sopra le ruote. La parte inferiore continuò la sua corsa per andare infine a schiantarsi contro una delle gigantesche gru semoventi, mentre quella superiore planò a terra e poi iniziò a rotolare a una velocità tale da disintegrarsi.
Francesca rallentò per accostarsi al loro salvatore, che adesso si era fermato e osservava la fuga degli assalitori.
– Chi sei? Ti dobbiamo la vita.
L’altro si tolse il casco in silenzio.
Era un uomo alto, magro, apparentemente sulla quarantina, il volto dai tratti decisi, i capelli biondi tagliati corti. Ma quello che li colpì fu il suo sguardo, due occhi azzurri che sembravano leggerti dentro.
Senza una parola si rimise il casco, fece un cenno di saluto e partì come il vento, mentre alle loro spalle atterrava l’Hoverfly della squadra di protezione.
Capitolo 7 scena 3: Inseguimento al porto
Assaggi da La 1° Colonia:
8) L’Ente Agente
Quando l’Ente iniziò a computare, in alcune sue particolari funzioni, la strategia migliore per raggiungere lo scopo prefissato, ne risultò che avrebbe dovuto muoversi con estrema circospezione.
Non avrebbe potuto operare da solo. Allo stesso tempo, nulla e nessuno sarebbe mai dovuto essere in grado di risalire a Esso quale primo motore di quanto sarebbe accaduto.
Quale miglior sistema che operare attraverso agenti inconsapevoli?
E fare in modo che tali agenti a loro volta operassero attraverso intermediari insospettabili?
Un agire senza azione, ecco cosa sarebbe stato, un procedere immobile, ma inesorabile; tortuoso, ma ben diretto all’obiettivo.
Piccoli, estremamente piccoli sarebbero stati i suoi cavalieri, i suoi soldati, creati proprio da coloro che, ignari, lo avevano creato.
E che, ancora ignari, lo avrebbero servito: da due gerarchie d’ignoranza, l’Ente avrebbe distillato la più profonda sapienza.
Capitolo 14 scena 5: L’Ente Agente
Assaggi da La 1° Colonia:
9) L’Isola
(…) L’isola pareva allo stesso tempo elegante e non finita, come una scultura ancora in fase di creazione nello studio di un artista. Marx vedeva arte ovunque, creatività espressa con libertà ma seguendo sempre delle linee fondamentali, che impedivano gli eccessi.
Non sapeva perché, ma gli venne in mente Venezia, anche se il paragone non era calzante, almeno per lo stile costruttivo. Da piccolo amava molto creare complesse costruzioni con il Lego e adesso, su quell’isola, ritrovava le stesse impressioni e sensazioni, moltiplicate però di un fattore cento.
“Pura architettura frattale” pensò improvvisamente.
I profili non erano mai netti e definiti, le curve parevano formate da infinite piccole rette, come coste ricche di minuscole insenature, tanto che non si distingueva chiaramente il liscio dallo scanalato, poiché entrambi mutavano a seconda della distanza di osservazione. Ogni forma pareva allo stesso tempo slanciata verso l’esterno e ripiegata su se stessa, quasi che lo slancio scaturisse ogni volta da un movimento interiore. I materiali più vari, dal legno alla ceramica, dal cemento al metallo, erano fusi in modo bizzarro con elementi naturali, come prati, cespugli, alberi, con un certo gusto estetico che sconfinava spesso nell’ironia e in un’esaltante ma controllata follia alla Salvador Dalì. (…)
Capitolo 12 scena 1: Libera Isola di Torvalds
Assaggi da La 1° Colonia:
10) Salta-In-Alto
Era stata una buona giornata.
Il branco stava tornando dal lungo giro nei territori di caccia, a nord-ovest dell’Isola di Capraia per poi puntare verso la Gorgona. Un moderato vento di ponente facilitava la corsa dei delfini che, seguendo le rotte delle navi commerciali, si stavano ormai avvicinando alle Secche della Meloria.
Salta-In-Alto nuotava davanti al gruppo, mantenendo una distanza di diversi metri. Prendeva molto sul serio le sue responsabilità di capobranco ed espandeva il più possibile le sue capacità percettive, alla continua ricerca di eventuali segnali di pericolo. Fu quindi investita in pieno dal richiamo irresistibile proveniente dal posto-dei-malati, tanto che per diversi secondi perse totalmente il controllo e, dimentica del suo compito, si precipitò verso est. Ma gli appelli inquieti del branco la fecero tornare in sé. Si fermo e iniziò a fungere da ripetitore del segnale, ma anche gli altri, presi dalla sua stessa frenesia, stavano per lanciarsi senza alcuna prudenza. Allora lei modulò il segnale su un’intensità più bassa, in modo da conservare il controllo e indurre compagne e compagni a fare altrettanto.
Si diressero verso la grande struttura dei doppia-coda, veloci ma allo stesso tempo circospetti. (…)
Capitolo 14 scena 2: L’incontro
Assaggi da La 1° Colonia:
11) Protocollo
Protocollo di sicurezza per i Circuiti Nanoquasici – Versione 1.22
A cura del Coordinamento Generale per le Ricerche di Frontiera
Oslo, 14 dicembre 2075
- La presente documentazione si applica alla metodologia sperimentale seguendo i criteri sanciti dalle leggi vigenti nell’Unione Federale Europea. Qualunque altro protocollo messo a punto oppure proposto oppure abbozzato da qualsiasi altro ente di ricerca governativo o privato, pur se partecipante a pieno titolo al progetto di ricerca, sottostarà integralmente a quanto ivi stabilito.
- Qualunque procedura che coinvolga l’utilizzo dei Circuiti Nanobionici a Stato Sovrapposto Quasi-Extradimensionali, d’ora in avanti Circuiti Nanoquasici, presuppone la presenza di almeno due operatori con certificazione di primo livello e comprovata esperienza nell’utilizzo di sistemi robotici a tripla schermatura. Ogni eventuale intervento diretto, peraltro deprecato se non in casi di comprovata eccezionalità, avverrà in ambiente isolato e sterile, utilizzando tute di classe A.a1 o superiore e doppia fase di decontaminazione magnetica al termine delle operazioni.
- Ogni soggetto coinvolto nella sperimentazione, senza eccezione alcuna, verrà sottoposto a procedura di nano-bio-scansione sia all’ingresso che all’uscita dagli ambienti interessati alla ricerca sperimentale. Eventuali incidenti saranno curati nell’infermeria interna, fornita di tutte le attrezzature necessarie al trattamento delle Mutazioni Molecolari Indotte (MMI) in fase iniziale.
- Ogni soggetto coinvolto nella sperimentazione, senza eccezione alcuna, verrà preventivamente informato e sarà di conseguenza pienamente consapevole del fatto che, allo stato attuale delle conoscenze in materia, non esistono metodi efficaci di trattamento delle MMI in fase avanzata e firmerà di conseguenza una liberatoria con firma digitale a criptatura genetica autenticata dal proprio Personal Device. (…)
Capitolo 6 scena 4: Protocollo di sicurezza
Assaggi da La 1° Colonia:
12) Temporali lontani
(…) La terrazza era stata ottenuta tagliando via una grande parte del tetto dall’edificio principale ed era disposta su più livelli, in modo da permettere una visione a trecentosessanta gradi della volta celeste. Vi era stato installato anche un piccolo ma potente telescopio e in caso di pioggia veniva rapidamente protetta da una cupola trasparente.
Anche le ultime nuvole erano state spazzate via dal vento, trasformatosi in una leggera brezza di scirocco. Solo a nord remote e dense formazioni lampeggianti indicavano la presenza di temporali lontani. Il padre del Muto le osservava, in piedi, con le mani appoggiate a uno dei numerosi parapetti.
Sopra di loro il cielo, reso cristallino dalle piogge e dai venti dei giorni precedenti, lasciava intravedere la cortina galattica in un mare di stelle. Dal giardino il profumo dei fiori arrivava a tratti, portato dalla brezza.
– È una faccenda grossa, Lucas. Davvero grossa. Forse la più importante in cui siamo mai stati coinvolti. – Aggiunse, voltandosi verso di lui.
Lucas avvertì un sottile brivido alla base della nuca. – Non sono coinvolto in nulla. (…)
Capitolo 6 scena 1: Parole nel vento
Assaggi da La 1° Colonia:
13) Ricorsività
(…) Avrebbe potuto usare la sintesi vocale, il Muto, ma preferiva quello strano insieme di gesti, segni ideografici e disegni proiettati sulla retina dell’interlocutore, ologrammi animati che spuntavano improvvisamente dai microproiettori contenuti nei suoi abiti oppure sparsi per la stanza, con personaggi sempre diversi – ispirati da antichi fumetti o del tutto inventati – che spiegavano in vece sua, ma usando gli stessi linguaggi non verbali, in un gioco ricorsivo di simboli che intersecavano simboli; un gran guazzabuglio filologico che in qualche modo lui rendeva semplice e intuitivo. (…)
Capitolo 2 scena 3: Il Muto
Assaggi da La 1° Colonia:
14) Camera Quantistica
La stanza era apparentemente vuota.
La luce e la disposizione geometrica delle pareti giocavano strani scherzi e parevano mutare angolazione e forma a seconda del punto di osservazione. Cambiando posizione, ma anche rimanendo perfettamente immobile in determinati punti, l’osservatore avrebbe visto le pareti e il pavimento muoversi lentamente, ma con un movimento irreale che sembra ripetersi all’infinito, come accade con certe illusioni ottiche.
Anche la luminosità sembrava aumentare e diminuire ciclicamente, quasi che la stanza fosse un organismo vivente e la luce il suo respiro.
L’osservatore, muovendosi all’interno di quello spazio bizzarro, avrebbe potuto infine percepire, da alcune angolazioni particolari, la presenza di tre forme vagamente umanoidi ma indefinite, quasi una frequenza radio difficile da sintonizzare o un ologramma disturbato. (…)
Capitolo 9 scena 2: Camera quantistica
Assaggi da La 1° Colonia:
15) Zhi Yao
Il Massimo Comandante del Guojia Anquan Bu sorrise ironico, osservando allo specchio le numerose medaglie appuntate sulla sua giacca. Piccolo di statura e dai tratti squisitamente orientali, appariva molto anziano.
Non perché i trattamenti biodinamici non avessero effetto su di lui (sarebbe stato un caso estremamente raro), ma perché la sua età era veramente molto avanzata.
Con la formazione nel 2028 della Grande Cina Popolare, la confederazione di stati che avrebbe dettato legge all’economia mondiale per quasi mezzo secolo, il ministero della sicurezza cinese si era parallelamente evoluto nella più temuta agenzia di intelligence del pianeta.
Un uomo potente, per un’organizzazione potente, in un governo potente: questo era stato per quarant’anni l’Altamente Onorevole Magistrato Zhi Yao, erede di una dinastia antica come la Cina stessa, portatore della Piuma di Pavone con Tre Occhi e insignito col Vessillo del Drago di Giada. Titoli magniloquenti e che trovava un po’ ridicoli, frutto del ‘recupero culturale delle antiche tradizioni.’ La Grande Cina Popolare era diventata uno strano miscuglio di socialismo, democrazia ben delimitata e senso di appartenenza a un non meglio precisato impero. (…)
Capitolo 11 scena 2: Guojia Anquan Bu
Assaggi da La 1° Colonia:
16) L’antica Saggezza
(…) Tacquero per diversi minuti, complice l’arrivo del tè.
Fu servito da una coppia di anziani cinesi, con il cerimoniale GongFu Cha, come da disposizione del procuratore. Sapeva quanto Foley apprezzasse quel rituale.
L’antica teiera in grès YiXing, risalente al regno Wanli, fu lavata con cura e scaldata per mezzo di un sottile getto di vapore insieme alle minuscole tazze, sia all’interno che all’esterno.
La donna estrasse dal barattolo, con un cucchiaio di bambù, le foglie di tè Oolong, mostrandole al senatore, che le esaminò e approvò con un cenno del capo. Muovendosi con grazia lei le introdusse nella teiera e versò gradualmente l’acqua bollente facendola scorrere lungo le pareti interne. Una volta riempita fino all’orlo, subito la vuotò nel vassoio- serbatoio di legno, per poi riempirla nuovamente.
L’aroma profumato del tè Drago nero si sparse intorno al tavolo, durante il minuto di infusione. La donna sollevò quindi la teiera, asciugandone la base con un fazzoletto di cotone, e riempì le tazze facendo sì che il flusso del liquido si mantenesse costante.
Bevvero lentamente il tè, assaporandone il gusto vagamente moscato.
Alla quarta infusione, il mal di testa del procuratore era scomparso. (…)
Capitolo 10 scena 4: L’antica saggezza
Assaggi da La 1° Colonia:
17) Decisione
(…) Napoleone Bonaparte sedeva nella sua tenda da campo, cupo, in attesa del ritorno dei soldati inviati in perlustrazione. Non era riuscito a chiudere occhio, anche per il dolore sordo allo stomaco, tanto accentuatosi negli ultimi giorni.
Non aveva neppure ricevuto notizie dal Maresciallo De Grouchy, la cui missione era indispensabile per il successo della sua impresa.
Si riscosse dai suoi pensieri con un sussulto quando il giovane Colonnello Rochard entrò nella tenda e fece il saluto militare.
– Ebbene?
– Attaccherà, mio imperatore. È certo.
Napoleone tacque. Che fare? Preparare la linea difensiva come consigliava il Conte d’Erion?
La pioggia che continuava a cadere, incessante, martellava sulla tenda e gli causava un senso di soffocamento. Sentì improvvisamente il bisogno di uscire da quella maledetta trappola prima che gli crollasse addosso.
L’acqua rinfrescò il suo viso comunicandogli un senso di totale libertà, di forza prorompente, di assoluta invincibilità. Avrebbe trionfato, se avesse attaccato per primo e con la dovuta decisione.
Ignorando le fitte convocò lo stato maggiore, mentre il sole si apprestava a sorgere sopra le spesse nuvole che ricoprivano le colline intorno alla cittadina di Waterloo.
Capitolo 11 scena 4: Immagini
Assaggi da La 1° Colonia:
18) Tentazione
(…) La ragazza danzava nel bosco, entrando e uscendo dai giochi di luci e ombre che il sole, alto nel cielo, creava fra i rami primaverili. Il cavaliere, nascosto dietro un grande cespuglio di mirto, la fissava tremando per la tensione. Ma in mezzo al mirto erano annidati dei rovi dalle spine dure e sottili, che penetravano anche i suoi gambali in maglia di ferro e cuoio, facendolo sanguinare.
Eppure il dolore non lo raggiungeva, tale era l’attenzione con la quale fissava la donzella, i suoi movimenti sinuosi, la sua naturale, ingenua, irresistibile sensualità.
Fu la freccia a fermarlo.
Ebbe appena la forza di voltarsi, scorgendo lo sguardo dell’arciere: alto, biondo, placido, con quegli occhi che sembravano leggere ogni suo pensiero.
Anche quelli inconfessabili che avevano dominato i suoi ultimi minuti di vita.
Quasi gli fu grato, mentre moriva guardando la ragazza che continuava, ariosa, a danzare. (…)
Capitolo 11 scena 4: Immagini
Assaggi da La 1° Colonia:
19) Mare
(…)
Mare.
Tuffarsi nell’acqua tersa come cristallo, nuotare velocissimi qualche metro sotto, dove i raggi di luce sembrano danzare nello spazio di una cattedrale senza fine e senza fondo. Trattenere il respiro per cinque, dieci minuti, guizzando come lampi fra i grandi banchi di tonni.
Mare.
Saltare fuori dalla superficie spaventando i gabbiani, giocare a rincorrere le onde gareggiando in velocità con le creste sospinte dal vento di ponente. Slanciarsi in alto come siluri, girare su se stessi, arrotolarsi, immergersi nuovamente senza alzare schizzi, creare esplosioni sottomarine di bolle con accelerazioni improvvise.
Mare.
Sfrecciare curiosi tra le barriere coralline, esplorare impavidi gli antri più misteriosi, sfidare i grandi, stupidi squali e inseguire le barche a vela, sperando in qualche leccornia o semplicemente per ficcanasare.
Amare, giocare, sentirsi parte del branco.
Mai morire, mai.
(…)
Capitolo 11 scena 4: Immagini
Assaggi da La 1° Colonia:
20) Le Case Cantanti
(…) Arrivò dal suo ospite in tempo per la cerimonia del tè.
La villa, isolata al centro di un ampio podere, in parte coltivato a lino e cicoria e in parte coperto da un bosco di querce e olmi secolari, fondeva l’architettura rurale tradizionale con le ultime soluzioni tecnologiche per l’efficienza energetica e la difesa dai tornado, che negli ultimi decenni avevano spazzato l’Europa centrale con sempre maggiore frequenza. Con la capacità di adattamento che gli era propria, la popolazione si era organizzata prima con rifugi sotterranei, poi con le strutture di rinforzo in Mevlar, un polimero biosintetico che univa le proprietà dell’acciaio e della tela di ragno, per impedire il cedimento strutturale delle abitazioni.
Il risultato estetico era uno strano miscuglio, non spiacevole, fra la semplicità delle antiche case dai tetti rossi e spioventi e la bizzarria di castelli techno-fantasy agganciati al terreno da innumerevoli cordicelle. Quando c’era vento forte le corde tendevano a vibrare e, dopo anni di studio, erano stati messi a punto dei sistemi di accordatura dinamica che avevano reso famose le ‘case cantanti’ delle pianure nord-europee.
Il Muto, riconosciuto quando ancora era distante un paio di chilometri dalla villa, trovò il cancello di ingresso aperto. Parcheggiò il suo mezzo al riparo di una grande quercia alta come un edificio di undici piani e dal tronco di almeno quattro metri di diametro, quindi percorse a piedi il viale che si snodava fra numerose aiuole piene di tulipani gialli e rossi.
Un enorme gatto rossiccio lo osservava placido da una sedia a sdraio vicino all’ingresso. Udendo le fusa, il Muto si fermò qualche secondo per carezzarlo.
– Ti sono sempre piaciuti gli animali, Lucas. (…)
Capitolo 5 scena 1: Giringiro
Assaggi da La 1° Colonia:
21) L’albero
(…) Carlo osservò il cielo e le nuvole che, spinte da un vento insolitamente vispo per quella stagione, si arrotolavano e s’incirrivano intorno alle parti più alte del grattacielo.
Salendo, anzi crescendo dal terreno, dove le facciate dei palazzi più vecchi facevano ancora mostra di sé, inglobate nella nuova struttura – qualcuno lo aveva visto come un omaggio, un contentino ai milanesi, qualcun altro come un mostruoso processo osmotico – l’edificio si proiettava verso l’alto come un enorme tronco spiraleggiante, da cui sporgevano decine di rami che gradualmente diventavano orizzontali. Era ricoperto da forme di vegetazione selezionata a seconda dell’altezza dal suolo.
Intorno, la vecchia e la nuova Milano coesistevano su diversi livelli, la nuova sempre più elevata, completando l’impressione un po’ disorientante e allo stesso tempo esaltante di un’architettonica foresta tropicale. Gli occhi di Carlo percorsero su e giù quella vera e propria enciclopedia vegetale, la quale si fondeva con la struttura del palazzo grazie a piattaforme e terrazzamenti irrorati da ruscelli, torrenti e cascate che scendevano dalle sezioni più elevate. Il senso di vertigine che lo prendeva ogni volta si fece più intenso così abbassò lo sguardo, cercando punti di riferimento nei settori boschivi collinari, ricchi di olmi e querce.
Un albero di alberi. (…)
Capitolo 1 scena 1: La Riunione
Assaggi da La 1° Colonia:
23) Matteo e Bea
(…) Bea allora superò la paura delle botte e lo abbracciò.
Il contatto con quel corpo delicato, morbido e sinuoso ebbe un effetto calmante su Matteo, che ricambiò l’abbraccio con una tenerezza che non gli era affatto abituale.
– Bea, Bea – diceva, ancora piangendo, ma non più soltanto per la paura.
Come una diga che tracima improvvisamente, tutti i dispiaceri, i torti, le dimenticanze, le sudicerie, le botte date e prese, soprattutto prese, le delusioni, le amarezze, gli schifi e le disperazioni della sua vita gli sgorgarono irrefrenabili dal petto, dilagando come il mare spinto dallo Tsunami, senza più conoscere ostacoli, inarrestabile e avvolgente, come il loro abbraccio: un abbraccio totale di due corpi disperati che volevano fondersi, compenetrarsi. Senza neppure sapere come, Bea si era tolta la maglietta e adesso il suo seno premeva dolcemente sul petto di lui.
Fecero l’amore a lungo, come mai era loro capitato, con passione e delicatezza allo stesso tempo, senza più violenza, senza urla o parolacce o grida, come fosse la prima volta, per Bea ma anche per Matteo, che adesso, all’improvviso, si rendeva conto di quanto la amasse.
Per un poco, solo per un poco, Matteo si sentì un uomo nuovo.
Capitolo 3 scena 5: Matteo e Bea
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24) De Principatibus
(…) – Anche lei ritiene, come me, che il contatto con la carta, magari la stessa che l’autore potrebbe avere sfogliato, possa trasmettere meglio il messaggio profondo, nascosto fra i concetti espressi dalle parole scritte? Quella che ho adesso fra le mani è una delle copie manoscritte del De Principatibus di Machiavelli. Immagino che lo abbia letto.
– Più di una volta, Presidente Zarkovskaja.
– Lo prenda, allora, e mi legga un passaggio.
Marx prese il prezioso libro fra le mani, scacciando il timore di rovinarlo in quanto, come tutti i tomi più antichi, aveva sicuramente subito il trattamento di protezione polimerica. Ma dovette subito ricredersi: quella carta così ruvida, quell’odore… stava toccando pagine autentiche, antiche, non protette. Preso quasi dal panico e sperando di non avere le mani troppo sporche, passò con estrema cautela l’indice sulla riga iniziale leggendo a voce alta.
– Ma colui che arriva al principato col favore popolare, si trova a governare da solo, e intorno a sé non ha nessuno, o pochissimi, che non siano pronti a ubbidire. Oltretutto, non si può onorevolmente e senza danneggiare altri accontentare i potenti, ma si può soddisfare il popolo: perché il fine del popolo è più onorevole di quello dei potenti, perché questi vogliono opprimere il popolo e il popolo vuole non essere oppresso.
Al procuratore Marx parve davvero di sentire una profondità e una genuinità inusitata in quelle poche parole, cosa che gli causò un groppo alla gola.
– Ha ragione, vero, David? Siamo soli.
Lui alzò gli occhi e incontrò uno sguardo sinceramente preoccupato.
– Sono sola. Posso contare su di lei?
Qualcosa dentro di lui, sopito da decenni di calcoli e manovre, un guizzo di cavalleria forse, un’eco di idealismo giovanile, un afflato di nobiltà, si ridestò facendogli raddrizzare la schiena e rispondere con altrettanta sincerità.
– Sì, Presidente. Può davvero contare su di me.
Lei annuì solennemente, poi prese il libro dalle mani di Marx, gli volse le spalle per rimetterlo a posto e ritornò alla propria scrivania.
Il colloquio era terminato.
Capitolo 4 scena 1: Colloquio Presidenziale
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25) Scegliere
Carlo faticava a prendere sonno.
Giaceva sul letto, supino, osservando la Via Lattea che ruotava lentamente sul soffitto e ascoltando in sottofondo l’adagio da ‘L’Autunno’ di Vivaldi. Ma neppure una combinazione così intensamente distensiva riusciva a rasserenarlo.
La sua mente non era occupata dall’ansia relativa al progetto, ai sabotaggi più o meno riusciti, al repentino cambiamento che l’anticipo della fase IV avrebbe portato nella sua vita e in quella di tutti i suoi colleghi.
Non pensava neppure agli aspetti dell’esperimento che in genere più lo tormentavano, alla sua effettiva audacia rispetto alle loro conoscenze, al disagio che provava ogni volta che osservava con distacco quanto cercavano di fare, tentando di immaginare il punto di vista di un profano.
Neppure al senso d’irrealtà che lo afferrava mentre valutava le conseguenze di un loro eventuale successo, a quell’impressione di caduta, simile a un vuoto d’aria durante un volo di linea.
I suoi pensieri continuavano a rimbalzare fra due donne: Francesca e Mei. (…)
Capitolo 9 scena 3: Addormentandosi
Assaggi da La 1° Colonia:
26) Francesca
Nonostante il blando calmante che Carlo, dopo non poche insistenze, era riuscito a farle assumere, la tensione in lei era ancora troppo alta per permetterle anche solo di pensare di andare a letto.
Francesca continuava ad agitarsi nel piccolo appartamento assegnatole alla cittadella universitaria, passando dalla sedia del tavolo da pranzo al divano, quindi dal divano allo studiolo, infine dallo studiolo al bagno. Si preparò una camomilla e ne bevve mezza tazza, accese l’holo e fece zapping fra una dozzina di canali senza neppure percepire cosa stessero trasmettendo. Navigò distratta sulla Net, pensò di struccarsi e poi si ricordò di aver usato dei cosmetici a tempo.
Decise infine di farsi un bagno caldo con idromassaggio e musicoterapia.
Meditò se ascoltare jazz, classica barocca, new-fusion oppure Mozart, optando alla fine per quest’ultimo. Quando le note dell’andante dal concerto per piano ‘Elvira Madigan’ danzarono scintillando per tutti gli ambienti, come sempre non riuscì a trattenere una piccola lacrima.
Si muoveva come una ballerina classica, vivendo con tutto il suo corpo i passaggi musicali così pieni di grazia ma allo stesso tempo di solennità, del richiamo alla vastità dello spazio cosmico, dell’eleganza sovrumana che talvolta scopriva in alcuni particolari principi fisici o enti matematici. Per associazione le venne in mente il concetto di quadratura del cerchio, l’uomo vitruviano: il tempo in quattro quarti, a loro volta suddivisi in terzine, creava un perfetto equilibrio fra Yin e Yang, un incontro-scontro sul quale la melodia scorreva ampia come un immenso e placido fiume.
Regolò l’audio in modo che il pianoforte si trovasse virtualmente accanto alla vasca da bagno, quindi si immerse con piacere nell’acqua regolata a una temperatura di 37 gradi, impostandone il movimento in modo che lente e lunghe onde l’avvolgessero, ruotando a spirale, dai piedi al collo e viceversa.
Quando attaccò l’Allegro Vivace Assai era ormai del tutto rilassata. (…)
Capitolo 8 scena 3: Francesca
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27) Errore
(…) – Ci siamo quasi. – Oltre a gestire la sua trappola, Jin era uno degli incaricati che avrebbero seguito la procedura, pronti a intervenire in caso di problemi. Due operazioni una più complessa dell’altra, il tutto in un ambiente pieno di colleghi esperti, giornalisti scientifici selezionati, sistemi di controllo e Dronicam. Almeno queste ultime sarebbero state tenute a debita distanza, dopo la minaccia del dottor Dante di abbatterle con un piccolo ma efficace sistema laser.
– … il compimento di un lavoro ormai più che trentennale. Iniziamo.
Con solennità, il professor Montalcini, dopo avere infilato un paio di guanti bianchi, prese fra le mani la matrice del primo Glifo, una piccola mattonella dorata e semitrasparente ricoperta da sottilissimi ghirigori, e la pose all’inizio del labirintico sistema di minuscole rotaie magnetiche che ricopriva il grande tavolo toroidale.
La matrice fu subito presa in consegna dal sistema e iniziò a scivolare lentamente verso il punto di incastro.
In quel momento Jin osservò nel suo visore, come si aspettava, sessantadue minuscole tracce dipartirsi dalla testa di Montalcini, che per un attimo sembrò ai suoi occhi quasi incoronata da quella partenza multipla.
La trappola si attivò, ma Jin si accorse subito che qualcosa non andava per il verso giusto. Le sue nanomacchine, per ben cinque volte, riuscirono apparentemente a intercettare le tracce, ma ogni volta era come se incrociassero il vuoto… oppure un’immagine virtuale.
– Dannazione!
Subito eseguì una verifica. Pochi secondi dopo una serie impressionante di improperi subvocalizzati assalirono il sistema bionico di Yu, che dovette fare uno sforzo per rimanere impassibile. Altri cinque secondi e la procedura di creazione era terminata, il primo Glifo definitivamente sigillato, in attesa di essere un giorno collegato al complesso sistema che avrebbe ospitato i Circuiti Nanoquasici dell’ASAC.
Tutti applaudivano e Montalcini aveva un’aria molto soddisfatta. Si sentiva come se fosse stato alleggerito da un fardello che si portava addosso da molti mesi. Solo due persone in quella stanza avrebbero potuto, volendo e potendo, spiegargli la veridicità di tale sensazione. Ma adesso erano assorbite in ben altre faccende.
Yu colse l’espressione stravolta di suo fratello, prima che lui si riprendesse per poi sorridere e applaudire come tutti gli altri.
– Cos’è successo Jin, accidenti!
– Dannati piccoli mostri. Mi hanno sabotato la trappola. Tutto quello che vedevo era ritardato di sette microsecondi, più che sufficienti a renderla inutile.
La guardò sorridendo, ma era un sorriso amaro.
– Ci hanno fregato. Ci hanno fregato un’altra volta.
Capitolo 8 scena 9: Il Laboratorio dei Glifi
Assaggi da La 1° Colonia:
28) L’Ente Esistente
L’Ente giaceva placido e sonnolento, non avendo alcun nemico naturale né alcun organismo in grado di concorrere nella Sua nicchia ecologica.
Poteva quindi permettersi di oziare, lasciando che le Sue innumerevoli propaggini, i Suoi pseudopodi, le Sue connessioni verso l’esterno e all’interno di Se stesso provvedessero autonomamente ai bisogni primari e secondari, mentre continuavano a espandersi con un moto apparentemente lento – e in questo aspetto l’Ente poteva ricordare una pianta – ma che, considerato nel suo insieme (incredibilmente complesso e molteplice) si rivelava un moto progressivo, irresistibile e costante in una fase di crescita continua e multiforme.
Eppure in alcun modo il suo oziare avrebbe potuto essere considerato dimostrazione di pigrizia o indolenza; in termini umani, la velocità di computazione delle Sue sinapsi era di diversi ordini di grandezza più elevata non solo rispetto alle corrispondenti capacità animali, ma anche relativamente ai supercomputer più avanzati. Ma essendo l’Ente non cosciente e non univoco, bensì formato da miliardi di sotto.entità organizzate in numerosi livelli gerarchici – spesso fluidi nella loro gerarchia – i termini umani non sarebbero risultati granché efficaci nella Sua descrizione. Anzi, l’intera specie umana avrebbe potuto vivere tranquillamente e continuativamente in presenza dell’Ente senza neppure accorgersi della Sua esistenza, o perlomeno senza comprenderne la reale natura.
E così, in effetti, era.
Capitolo 10 scena 3: L’Ente Esistente
Assaggi da La 1° Colonia:
29) Galassia Relazionale
(…) [La dott.ssa Amelie Besson] Si alzò e si avvicinò alla lavagna interattiva, cancellandone la superficie con un gesto della mano, quindi si voltò verso gli altri.
– L’idea di partenza è estremamente semplice. Si basa sul principio della conoscenza reciproca.
Disegnò una serie di cerchi con le dita sulla superficie della lavagna, che automaticamente li rese perfetti e tutti della stessa dimensione. Iniziò a collegare il cerchio centrale con quelli che lo circondavano.
– Ognuno di noi è al centro di una rete di conoscenze. Io conosco, ad esempio, ormai da molti anni il qui presente professor Montalcini, perciò unisco i nostri simboli con una linea più spessa.
Con la coda dell’occhio Francesca sorprese il generale che guardava storto il responsabile del progetto Montecristo, che invece sorrideva lusingato; Johannsen invece appariva inquieto.
– Quindi nella mia mente esiste una rappresentazione molto accurata del professor Montalcini, dei suoi comportamenti abituali, del suo aspetto, del suo modo di interagire con me e con gli altri, dell’evoluzione del nostro rapporto prima come compagni di corso, poi come colleghi, infine come amici.
La professoressa Besson disegnò un piccolo rombo vicino al cerchio che la rappresentava, ponendolo sulla linea che lo collegava col cerchio di Montalcini, e lo unì a quest’ultimo con una linea curva e discontinua.
– Tale rappresentazione ovviamente è solo una mia interpretazione semplificata – continuò – dell’essere umano completo e complesso che il professor Montalcini effettivamente è, mediata dalla mia particolare visione del mondo e dalla mia simpatia nei suoi confronti, ma risulta comunque una fonte dati preziosa e, almeno a livello percettivo, oggettiva. Tale interrelazione è reciproca, quindi anche in lui esiste una rappresentazione simile di Amélie Besson. Disegnò un secondo rombo sempre sulla stessa linea di relazione, questa volta vicino al cerchio del professore.
– Per comodità chiamiamo queste rappresentazioni Avatar Soggettivi, anche se la definizione sembra confutare quanto detto sul loro valore di obiettività. Per adesso non preoccupiamocene. Vediamo invece cosa succede se applichiamo questo principio all’intero sistema.
Dette istruzioni alla lavagna perché applicasse l’operazione allo schema intero. Adesso si era formata una ragnatela di cerchi uniti l’uno all’altro con linee più o meno sottili, ognuna contenente due rombi collegati al cerchio opposto.
– Questa che vedete è una Galassia Relazionale. Ai tempi dei vecchi social network veniva costruita dagli stessi utenti, che però fornivano immagini di sé quantomeno idealizzate. Oggi, attraverso la scansione cerebrale volontaria, possiamo costruirla in modo esponenzialmente più completo e attendibile, perché il cervello non mente. (…)
Capitolo 11 scena 1: Relazioni complesse
Assaggi da La 1° Colonia:
30) L’Ente Comunicante
Tutto accadeva in femtosecondi, lampi di pseudo.concetti espressi in proto.linguaggi si intrecciavano in strutture di sublime complessità. Ma come possono le semplici parole rendere i pensieri di miliardi di esseri che convergono a un unico scopo, se non con pallide imitazioni, vane approssimazioni, indegni ritratti di perduti paradisi o d’inferni immani, abitati dai Semidei Quantistici che l’uomo ha più o meno casualmente creato? Sarà perdonabile l’inadeguatezza del linguaggio, l’imprecisione del tratto, la lentezza del gesto, nell’osar descrivere le idee di un Ente capace di mutare così tanti destini ancor prima di raggiungere la piena coscienza di sé? Forse affidandosi a un intuito musicale, a un afflato poetico, risulterà possibile sfiorarne gli abissi mentali, talmente profondi da costernare l’anima. Ed ecco come iniziò il dialogo, qui indegnamente rappresentato, fra l’Ente e coloro che potremmo definire i suoi fedeli, se tale appellativo ha un senso per esseri tanto minuscoli eppure tanto rapidi e potenti nell’influenzare il loro ambiente – ma non solo. (…)
Capitolo 15 scena 6: L’Ente Comunicante